Gli anni Settanta insieme al decennio precedente, hanno rappresentato sicuramente il periodo migliore per i tifosi rossoverdi, considerando la conquista della serie A, ma anche per il seguito enorme che aveva la squadra. Essere tifoso delle Fere era spesso anche una “scelta di vita”, se vogliamo anche anticonformista, tipica anche del modello di società vigente in quegli anni. Almeno, questo, per la parte più “accesa” della tifoseria, quella che viene definita appartenente al fenomeno “ultras”.
Abbastanza spesso accadeva che anche i calciatori fossero espressione di quella realtà. Un caso tipico di questo discorso, a livello nazionale, fu il calciatore perugino Paolo Sollier, il quale scrisse anche un libro del suo rapporto tra il calcio e la politica. Anche a Terni ci furono in quegli anni, calciatori che, pur non arrivando ad avere la stessa fama extra-calcistica del suddetto, furono sicuramente un modello per molti tifosi, per la loro originalità, per il loro essere spesso “fuori dalla norma” o per il loro impegno nel sociale e culturale della città. A tal proposito ci vengono alla mente i nomi di Dino Pagliari, Maurizio Codogno, Lele Ratti, Andrea Mitri. E proprio quest’ultimo è l’ex-rossoverde che abbiamo contattato ed incontrato per questo numero di “DAJE MO’”.
Mitri nasce a Saronno (VA) il 21 luglio 1958 e cresce calcisticamente nel Giarizzole e nel S. Giovanni di Trieste, giocando nel ruolo di centrocampista. Arriva al calcio professionistico vestendo la maglia della Triestina, in serie C. Nella sua carriera vestirà altre casacche di squadre di C e B, compresa quella rossoverde. Alla Ternana arriva nell’estate del 1978 e rimarrà una sola stagione, ma nonostante questo lascerà un ottimo ricordo tra i tanti tifosi dell’epoca che ancora rimpiangono la sua generosità e grinta messe in campo.
Al termine della sua carriera da calciatore “passa dall’altra parte della barricata” e diventa allenatore con squadre del settore giovanile di Siena, Fiorentina, Empoli, ecc.
Oggi Mitri vive a Firenze, dedicandosi professionalmente al suo antico amore: il teatro.

Signor Mitri, cominciamo da lontano: come ha cominciato a tirare quattro calci ad un pallone? Aveva ancora i pantaloni corti quando usciva da casa per andare a giocare?

Ho cominciato come si cominciava un po’ tutti in quel periodo: sotto casa, oratorio, prati. Fino a dodici anni non ho mai giocato in una squadra vera. I pantaloni corti li ho portati, vergognandomi , fino a tredici anni, per cui si, li avevo ancora quando ho cominciato.

Ricorda il suo esordio tra i professionisti? Quali furono le sue emozioni?

Ho esordito in serie C a Busto Arsizio nel 77, Pro Patria – Triestina, il giorno che è morto Curi a Perugia. Non mi ricordo di essere stato particolarmente emozionato. Semmai molto stanco, alla fine. Erano i miei primi 90 minuti, con i grandi.

Nell’estate del 1978 arrivò a Terni proveniente dalla Triestina. Ricorda quali furono le prime sensazioni che ebbe a proposito della nostra città?

Arrivai direttamente in ritiro e Terni la vidi solo alla fine dello stesso. Mi sembrò una città tranquilla, un po’ sonnacchiosa e con qualche segreto nascosto dietro ai portoni.

Quali furono i “retroscena” del suo acquisto?

Credo fosse stata una scelta di Cardillo, il D.S. della Ternana di allora. Io ero in vacanza in Spagna con due amici, assolutamente irrintracciabile (non c’erano i telefonini in quei tempi). Dopo essere stato ad Ibiza, al ritorno a Barcellona comprai una Gazzetta dello Sport e lessi che ero stato ceduto alla Ternana e che mi stavano cercando. Così tornai a casa qualche giorno prima, e mi feci praticamente 27 ore di treno per farlo nei tempi previsti.

Allenatore di quella Ternana era il “mitico” Renzo Ulivieri. Che rapporto aveva con lui il Mitri-calciatore? E il Mitri-uomo? E con il suo secondo, il ternano Omero Andreani?

Ulivieri rimane, insieme a Bianchi ed Andreazzoli, il miglior allenatore che io abbia mai avuto. E’ quello che mi ha insegnato di più e mi ha dato la mentalità del giocatore. Era, e penso sia ancora, un uomo molto intelligente, spesso ironico. A volte anche un po’…..paraculo. Come quando mi tenne fuori un paio di partite e poi, prima di farmi rigiocare, mi chiamò insieme a Ratti e Codogno e disse più o meno “E’ un momento difficile e noi compagni dobbiamo stare uniti”.
Andreani me lo ricordo come una persona molto pacata e disponibile, anche se mi ricordo che come allenatore con noi c’era anche Liguori, ma forse lui allenava la primavera.

Chi erano i suoi compagni di squadra con cui legò maggiormente, sia in campo che fuori? E perché?

Certamente Codogno e Ratti, per comunanza di idee e perché abitavo con loro. Poi da novembre legai molto anche con Schincaglia, che secondo me era fortissimo, e che era un po’più giovane. Ricordo anche che mi era molto simpatico Caccia.

Quale è stato il rapporto con il Presidente Tiberi?

Ero molto giovane allora e difficilmente mi rapportavo con i presidenti. Lo ricordo poco. Anche se non ho ricordi negativi. E questa è già una buona cosa. Della Società mi ricordo, come persona eccezionale, il segretario, Ridio Ragni.

Nella partita contro il Taranto (1-1, il 25-02-1979) al Liberati accadde un po’ di tutto, con un’invasione di campo e successiva tentata aggressione dell’arbitro. Questo comportò la squalifica del campo per ben quattro giornate. Ricorda quell’episodio? Quale fu la reazione di voi giocatori a quella “mazzata” che poteva costare caro ai fini della classifica finale?

Sinceramente non mi ricordo bene quest’episodio, anche perché da gennaio ad aprile io non giocai, a causa di una mononucleosi, ed a febbraio pertanto, ero sicuramente a casa, in convalescenza. Credo che rientrai ad aprile, a Rimini. Ricordo invece che una volta fummo assediati dai tifosi in casa. E dopo un’ora i tifosi fecero uscire in delegazione a me, Codogno e Ratti, perché eravamo di sinistra come loro, a parlare. Non credo però fosse stata la stessa partita.

In casacca rossoverde lei realizzò una sola rete, quella al Marassi contro la Sampdoria (3-3, il 24-06-1979) nell’ultima giornata del calendario. La ricorda?

Si, anche perché quella era una partita in cui praticamente il pareggio salvava tutte e due le squadre. Ricordo che sull’1-1, quasi alla fine del primo tempo, fecero un qualche pasticcio in difesa e io mi trovai da solo davanti alla porta vuota. Appena segnato mi prese l’ansia di aver fatto una stupidaggine, perché nessuno mi abbracciava. Ma nessuno mi disse niente.

Al termine di quella stagione lei fece ritorno alla Triestina. Una sua scelta o delle due Società? Ci fu del rimpianto per quello che lasciava?

Fu una scelta precisa del presidente della Triestina, che preferì andare alle buste per la comproprietà e mise nella busta una cifra ben più alta di quella che aveva riscosso l’anno precedente per cedermi alla Ternana. Io sarei rimasto volentieri, perché mi ero trovato bene. Però Cardillo, a fine anno, mi aveva già detto che la Ternana avrebbe provato a riscattarmi, per poi cedermi ad una società di serie A, probabilmente la Lazio.

Una sola stagione in rossoverde, eppure questa è stata sufficiente per rimanere nei cuori dei tifosi. Che ricordo ha della sua esperienza alla Ternana?

Dal punto di vista calcistico fu per me una grande esperienza di crescita. Ma anche dal punto di vista umano, dopo un primo periodo in cui feci fatica ad ambientarmi e giravo solo con Ratti e Codogno, cominciai a farmi altri amici, al di fuori del calcio. Feci anche un corso di cinema in un qualche posto che ora non ricordo. E comunque ricordo l’affetto dei tifosi nei miei confronti e la loro presenza. All’esordio di campionato, credo con il Palermo, credo ci fossero 26.000 spettatori!

E’ vero che lei aveva una sorta di allergia all’erba dei campi di calcio? Come faceva a superare questo handicap?

Non lo so se fosse allergia o se era solo che avevo un fisico non proprio eccezionale, ma effettivamente avevo spesso il raffreddore. Il mio “doping pre-partita” era il Vicks Vaporoub e le caramelle Vigorsol.

Cosa pensa degli scandali che ciclicamente caratterizzano il calcio dei nostri tempi?

 

Beh! il calcio è sempre stato lo specchio della società italiana, anzi devo dire che talvolta in qualche modo ne anticipa anche la direzione. Ai miei tempi giravano molti meno soldi e molti meno interessi, ma comunque c’era già il Toto-nero. Ora il calcio è un business, solo in parte è uno sport o una passione. La partita è diventata una componente, non la cosa principale. E’ un continuo calcio mercato (un po’ come a Montecitorio, dove parlano più di elezioni che di reali problemi del paese).Penso che dove ci sono i soldi, arriva sempre qualcuno che vuole fare il furbo per prendersene una fetta. E che quindi è prevedibile, anche se ovviamente sbagliato, che non tutto sia limpido.

Alcune domande che esulano dal mondo del calcio.
In quegli anni Settanta in cui lei arrivò a vestire anche la maglia rossoverde, era abbastanza frequente che un calciatore “vivesse” la città e la società di allora. Gli anni Settanta sono spesso ricordati come un periodo affascinante per quanto riguarda la cultura (musica, cinema, teatro, ecc.) e l’impegno politico e sociale. Come visse lei tutto questo?

In effetti gli anni Settanta sono stati degli anni meravigliosi, e per chi è riuscito in parte a viverli, un ricordo indelebile, anche se in questo paese sono finiti con il terrorismo. Io li ho vissuti come un ventenne di allora, ma con il vincolo dello sportivo, che mi lasciava molto tempo libero ma poca libertà di partecipazione. Di allora ricordo, da parte mia, un  grande amore per il cinema e per la  musica, e secondariamente per il teatro, e la frequentazione di luoghi dove si cercava una cultura alternativa. E anche un impegno politico, un po’ in disparte ma attento. C’era molta attenzione e condivisione tra le persone, e le radio libere, che nascevano in quegli anni, erano un’espressione di una voglia di cambiamento e spirito comune molto forte. A Terni c’era Radio Evelyn, la quale era molto ascoltata a casa nostra, e sono andato nei suoi studi da dove trasmetteva, un paio di volte. Forse addirittura ho contribuito, con Ratti e Codogno, anche a pagare qualche bolletta. Ma non ne sono sicuro, e forse questo è un mio ricordo errato.

Da dove nasce la sua passione per il teatro, che ne ha successivamente fatto la sua professione?

In quel periodo ero fidanzato con una ragazza di Udine che faceva l’attrice in questi gruppi “off” che allora nascevano dappertutto. Ci vedevamo poco, ma quando veniva a Terni ce ne andavamo spesso a Roma a vedere spettacoli. La sua passione mi è rimasta dentro, ma si è concretizzata molti anni dopo. Ora lavoro sia nell’ambito dell’organizzazione, sia come attore, specialmente nel campo dell’improvvisazione teatrale. Anche se di teatro non si campa, o quantomeno, se ci si riesce, lo si fa con molta fatica.

Vuole dire qualcosa ai suoi ex-tifosi?

A chi mi ricorda mando un saluto. Vedo che la Ternana è sempre seguita con passione, e questo mi fa piacere, perché comunque lo stadio, con tutti i suoi difetti, rimane sempre un luogo in cui fare comunità.
 

La carriera di Mitri in rossoverde:

1978-’79 (Serie B): Presenze in campionato:24, Goal realizzati: 1                                                                      Presenze in Coppa Italia: 3, Goal realizzati: 0 
 

La carriera di Andrea Mitri:                                           
1977-78: Triestina (serie C)        presenze: 25, goal: 3
1978-79: Ternana  (serie B)        presenze: 24, goal: 1
1979-82: Triestina (serie C1)      presenze: 87, goal: 11
1982-83: Monza (serie B)           presenze: 27, goal: 5
1983-84: Cavese (serie B)           presenze: 28, goal: 1
1984-86: Pistoiese (serie C1 e C2) presenze: 56, goal: 7
1986-87: Rondinella (serie C1)   presenze: 32, goal: 2
1987-88: Latina (serie C1)          presenze: 29, goal: 1
1988-89: Tempio (serie C2)        presenze: 25, goal: 0

Marco Barcarotti

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Sezione: Focus / Data: Sab 25 febbraio 2017 alle 08:30 / Fonte: di Marco Barcarotti
Autore: Redazione TernanaNews
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