Un anno fa c’erano (tra gli altri…) Diakité, Meccariello, Ledesma, Di Noia, Petriccione, Avenatti, Falletti e Pettinari. Adesso no. A ben vedere la squadra attuale non è pessima come gli “sfascisti” amano ripetere in una sorta di stucchevole mantra (“strumento finalizzato a modificare il pensiero”, sostantivo maschile sanscrito). Anzi sulla carta è di pari livello rispetto ad altre 4-5 pericolanti. Però, anche ammesso che adesso sia competitiva in ottica salvezza, è tale soltanto dalla fine di gennaio, dopo un mercato di riparazione appena “dignitoso” (si poteva e si doveva fare molto di più…) e comunque ampiamente superiore a quello deludente (pallido eufemismo) del biennio luglio-agosto. Senza contare l’evidente ritardo di condizione di alcuni dei volti nuovi (in primis Piovaccari, ma anche Rigione e Signori). Certo, sull’attuale ultimo posto in classifica pesano anche gli 8 punti persi in Zona Cesarini (7 con Pochesci contro Venezia e Perugia, a Cremona e a Pescara e uno con Mariani contro la V. Entella) e i gravi errori arbitrali subiti in 12 partite (Marinelli contro l’Empoli, Forneau a Chiavari, Di Martino contro il Venezia, Illuzzi a Cremona, Pezzuto a Foggia, Martinelli contro il Brescia, a Palermo e a La Spezia, Pinzani a Cesena, Marinelli contro il Bari, Aureliano a Venezia e Abbattista ad Ascoli). Tuttavia queste variabili non possono in alcun modo rappresentare alibi di comodo o facili scusanti. Del resto se dopo 31 giornate di campionato non hai mai vinto in trasferta, non hai mai terminato una gara esterna senza gol al passivo e hai chiuso soltanto un paio di incontri con la porta inviolata (contro Cesena e Carpi) evidenzi lacune enormi. E a tali lacune paghi inevitabilmente dazio.
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