È morto Giovanni Galeone, maestro di calcio e simbolo di un calcio romantico

È morto Giovanni Galeone, maestro di calcio e simbolo di un calcio romantico

Giovanni Galeone

Si è spento ieri all’ospedale di Udine, dove era ricoverato da tempo, Giovanni Galeone, una delle figure più carismatiche e anticonformiste del calcio italiano. Aveva 84 anni.

Nato a Napoli il 25 gennaio 1941, Galeone era malato da tempo. Nel corso della sua lunga carriera aveva guidato alcune tra le piazze più importanti del calcio italiano: Pescara, Udinese, Perugia, Napoli, Como, Spal e Ancona. Allenatore dal temperamento deciso e dallo spirito libero, è stato un innovatore tattico e un precursore del calcio offensivo in Italia.

Conosciuto per il suo amato 4-3-3, Galeone ha sempre cercato di proporre un calcio propositivo, fatto di idee, coraggio e spettacolo. Il suo modo di intendere il gioco gli è valso l’ammirazione di colleghi e tifosi, diventando un vero punto di riferimento per molti tecnici della nuova generazione.

Tra i suoi “allievi” più illustri c’è Massimiliano Allegri, che più volte lo ha indicato come un maestro di vita e di calcio, un mentore capace di trasmettere valori e filosofia oltre gli schemi tattici.

Le sfide contro la Ternana

Nel corso della sua carriera, Giovanni Galeone ha incrociato la Ternana soltanto in tre occasioni, tutte ai tempi del Pescara e tutte in Serie B. In quei confronti, le Fere hanno ottenuto due vittorie e un pareggio, mantenendo così un bilancio positivo contro una delle squadre più spettacolari e coraggiose del suo percorso tecnico.

Quei match restano un piccolo frammento nella lunga storia calcistica di Galeone, ma rappresentano bene il suo spirito competitivo e la capacità di trasmettere alle proprie squadre una chiara identità di gioco, anche di fronte ad avversari tosti come la Ternana.

Un innovatore fuori dagli schemi

Oltre ai risultati sul campo – tra cui quattro promozioni in Serie A (due con il Pescara, una con l’Udinese e una con il Perugia) – Galeone ha lasciato un segno profondo anche dal punto di vista umano e culturale. Il suo spirito anticonformista, spesso in contrasto con le regole del calcio “industriale”, lo ha reso un personaggio amato e rispettato anche al di fuori del rettangolo verde.

Si era ritirato definitivamente dal calcio nel 2013, ma la sua influenza è rimasta viva nelle parole e nello stile di chi ha avuto la fortuna di lavorare al suo fianco. Con la sua scomparsa, il calcio italiano perde non solo un allenatore, ma un pensatore del pallone, uno di quelli che credevano nella bellezza del gioco prima ancora del risultato.