Cento anni Ternana, il momento “rossoverde” di Roberto Maria Croce

Cento anni Ternana, il momento “rossoverde” di Roberto Maria Croce

dettaglio maglia Ternana 25-26

Vi abbiamo chiesto di raccontarci il vostro momento “rossoverde” nei 100 anni di vita della Ternana. Ecco il racconto di Roberto Maria Croce. Vuoi inviarci anche il tuo? Scrivi a ternananews@gmail.com.

Ho sempre amato il calcio.
Non quello stellare dei giocatori strapagati e delle televisioni da milioni di ascolti.
Ma quello delle emozioni.
Quello che mi fa battere il cuore non appena vedo comparire l’ombra di San Siro all’orizzonte, ogni volta che, dopo le scalinate infinite, mi ritrovo in Nord e mi sento a casa.
Quello di chi macina chilometri per la squadra della propria città anche se «non andremo mai in serie A» come cantavano i mitici ragazzi del SAB Monza durante la mia adolescenza (che poi… a ben guardare 🤞🏻!).
Quello che ti fa fare le follie più assurde in nome di una passione che è irrazionale e che non riuscirai mai a spiegare a chi non capisce ma che è parte di te.
E come potresti far capire per quale motivo sei lì, col freddo, con la pioggia, col sole cocente a cantare per la tua squadra, per i tuoi colori, per la tua città.
Sì, la tua città.
Perché per me le due cose sono sempre state imprescindibili.
Almeno… in teoria.
Ma il calcio è fatto anche di eccezioni, di storie, quelle belle, quelle appassionanti, che fanno battere il cuore.
E voglio raccontarvi una di queste.
Parla di un ragazzino di Milano, che tifa Inter ma che un giorno si innamora della maglietta di una squadra “piccola” e dei suoi colori.
Perché questo fa, il calcio, ti fa innamorare.
E come può nascere l’amore per una squadra, se non dalla maglia, la cosa più sacra?
Sono colori forti, accesi, e sono incredibilmente speciali perché sono unici: il rosso e il verde.
Allora il ragazzino comincia a informarsi ogni tanto di cosa fa questa squadra nelle varie categorie, dalla serie C alle sue due apparizioni in A.
Col passare del tempo la passione non si affievolisce ma anzi, cresce, e continua a seguirla, ad andarla a cercare. Maledicendo i gironi della serie C se la tengono sempre al sud. Andandola a vedere allo stadio ogni volta che varca il Po.
E nel cuore, questo ragazzo, ormai uomo, coltiva un sogno.
Quello di andare a vedere una partita “in casa” in quello stadio, conoscere i suoi tifosi, vivere quell’esperienza dall’interno.
Vederla giocare finalmente con quella maglia di cui si è innamorato, che in trasferta non mette mai.
«Una volta nella vita devo farlo!».
Passano gli anni eppure sembra non venire mai il momento, rimane un sogno nel cassetto sebbene non sia poi così impossibile. Insomma, non parliamo di andare in Barein!
Ma siccome nulla accade per caso, occorre che tutto si allinei.
Che entrino nella nostra vita persone speciali come Adriano Dozi e Sandra Mazzetto, che ci hanno accolto e ci hanno fatto sentire a casa. (Senza di voi, non sarebbe stato lo stesso)
Che si continui a parlarne e che arrivi una di quelle giornate in cui si prendono le decisioni in un secondo.
«Andiamo, prenoto!»
Ma quello che il nostro ragazzo, ormai uomo, scoprirà una volta giunto a destinazione sarà molto più di quanto non si sarebbe mai aspettato.
Un’intera città stretta intorno alla sua squadra, bandiere ovunque, stemmi in ogni locale, bar, pizzeria, persone ospitali e cordiali, tutte tifose indistintamente, dal proprietario dell’albergo al commesso del supermercato, tutti sconvolti dal fatto che avesse fatto 500 km per vedere una partita. E non la finale di Champions, ma una partita di Serie B.
Ma il calcio è questo che fa, ti fa fare follie.
E poi, eccoci lì, davanti allo stadio, in mezzo alla fiumana rossoverde, e poi dentro, con l’emozione a mille. Quasi fatica a parlare, non sa dove guardare, non sa bene cosa lo emozioni di più.
L’uomo che torna ragazzino, gli occhi che brillano e un turbinio di sensazioni che forse ci vorranno giorni e giorni per metabolizzare.
So solo che è felice, incredibilmente, che realizzare un sogno così, un sogno lungo una vita, un sogno fatto di passione pura, è qualcosa che fa comprendere il senso stesso della vita.
Sì, il calcio sarà solo un gioco ma può fare anche questo.
Può regalare queste sensazioni, questa emozione infinita, che io ho potuto percepire soltanto standogli accanto. Un momento così magico è qualcosa di troppo forte per non dover essere immortalato nell’unico modo che so fare, scrivendo.
Ma l’emozione si intravede anche negli occhi sognanti che sono riuscita a catturare in quella fotografia, emozioni che mi porterò nel cuore per sempre.
Perché quel ragazzino è il mio papà Roberto Croce.
Quella squadra è la Ternana Calcio.
E io sono sicura che dopo questi giorni a Terni, si sia innamorato ancora di più.
(Oh, e poi abbiamo portato fortuna alle Fere! ❤️💚)

E io… io sono immensamente felice di aver condiviso quest’emozione!

Sulle peripezie di tre Crocini in giro per l’Umbria… alla prossima puntata!