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Brignoli alla Gazzetta dello Sport: “Sono cresciuto con il mito di Pantani, il futuro con la Ternana…”

"Sono un calciatore professionista, mi considero fortunato. Ma la passione della vita è un'altra: il ciclismo. Marco Pantani, il mio mito. Ho smesso di pedalare quando lui è stato fermato a Campiglio. Avevo 8 anni, ero bravino: vincevo spesso e in testa avevo una bandana gialla. Ora ne devo fare 23, gioco in porta e la bandana la porto nel cuore. Sempre". Queste le parole del portiere rossoverde Alberto Brignoli rilasciate alla "Gazzetta dello Sport":

Perchè il ciclismo?

"Tutti i miei amici giocavano a calcio. E io ho scelto la bici. C'era una squadra nel mio paese guidata da un prete. Poco alla volta ho cominciato ad amare questo sport. Mi allenavo tutti i giorni e scoprivo sensazioni uniche: facevo anche 20 chilometri a uscita. Tanti per quell'eta. Poi sono iniziate le prime gare e le vittorie…"

Pantani quando arriva?

"Subito: a casa vedevo le corse, costringendo mio padre a seguirle. Ma quando è apparso Marco ha messo tutti d'accordo: osservarlo salire e staccare tutti era uno spettacolo. E poi vedevi la fatica sul suo volto. Perchè il ciclismo è fatica vera. Il calcio in confronto è nulla. Vuole la verità? se potessi farei il ciclista".

Allora perchè ha smesso?

"Con Pantani fermo, mi è mancato il punto di riferimento. Quando sei piccolo corri e pensi: "Voglio vincere come…". Ecco, la mia stella polare era Marco e non l'ho cambiata quando l'hanno tirato giù dal cielo. Perchè non si poteva cambiare. Lui era unico".

Aveva 8 anni, come le hanno spiegato l'espulsione dal Giro 1999?

"Mio padre ha cercato di chiarire la faccenda. Disse che era stato squalificato, ma che poteva tornare a gareggiare dopo 15 giorni. E invece sono passati mesi. Questo fatto mi ha spiazzato. Ho preso la bici con i copertoni gialli e gli occhiali della Bianchi come quelli di Marco e li ho parcheggiati in garage".

E non ha più cambiato idea?

"No, perchè quella di Pantani è una ferita aperta. Con gli anni mi sono documentato: Pantani ha pagato per tutti. Tra l'indifferenza del suo mondo. Ecco, credo che questa sia stata la cosa che più lo ha ferito. Aveva dato il massimo per il ciclismo, aveva acceso speranze ed entusiasmato milioni di persone. Era uno vero, in bici non puoi bluffare. Capisci quando uno è vero. La gente lo ha capito e non ha mai smesso di amarlo".

Ha la voce roca…

"Si, mi viene da piangere. Ho incontrato la mamma di Marco ed è accaduto lo stesso. Tra l'altro forse avevamo caratteri simili pure nell'interpretare lo sport: lui era un pò il portiere dei ciclisti. Imprevedibile e istintivo".

Dal ciclismo al calcio…

"Devo ringraziare i miei tecnici: credo di aver fatto i passi giusti, senza salti. Il futuro? La salvezza con la Ternana, poi vedremo".

Sabato gara speciale: a Brescia, nella provincia dove hai iniziato la carriera, il giorno dopo il decennale di Pantani

"L'esperienza di Montichiari in D è stata decisiva, ci terrei molto a giocare: farò di tutto per esserci anche se ho preso una forte botta in allenamento. Certo, sono 10 anni senza Marco e io non ho parole. Volevo essere come lui, volevo fare il ciclista…"

Federico Bobbi

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