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Nei panni degli altri

Nessuno vorrebbe essere nei panni di Gian Piero Ventura. 

 

E se qualcuno avesse invece il coraggio di mettersi in quelli di Carlo Tavecchio, lo farebbe al massimo per dare – di pancia come tutti i giudizi che vengono dati a caldo – le tanto invocate dimissioni. Facendo le debite proporzioni, forse, nessuno se la sentirebbe neanche di essere nei panni di Stefano Ranucci, che dopo aver tessuto a lungo la tela delle relazioni per ricomporre un fronte unitario tra le società di Serie B, ha dovuto affrontare la burrasca delle ormai mitologiche dichiarazioni di Sandro Pochesci dopo la gara di andata dell'Italia in Svezia. 

 

Non che avesse torto del tutto l'allenatore rossoverde, toni e tempi a parte. In fondo ci aspetta l'estate più insolita e desolatamente vuota della nostra vita. Ma la clamorosa eliminazione della Nazionale, invece che affievolire l'eco del romanesco "prima menavamo e vincevamo, mo ce menano e piagnemo" lo ha enfatizzato. Non a caso pure un campione del mondo come Bruno Conti ha finito per dare ragione all'eclettico allenatore rossoverde. Nessuno, immaginiamo, avrebbe voluto stare nei panni di Stefano Ranucci lunedì sera a San Siro, a pochi seggiolini di distanza dallo stesso Tavecchio che lo guardava quasi in cagnesco. Il Pochesci-pensiero ha finito per metterlo in imbarazzo di fronte ai potenti del calcio italiano. Calcio italiano che detto per inciso andrebbe rivoltato come un calzino (come lo sport italiano, anche se Malagò gioca a fare l'illibato) nonostante quello degli stranieri sia in realtà un falso problema visto che esistono in tutte le squadre in tutti i campionati.

 

Ma il punto è che se riesce uno come Tavecchio a rimanere al timone nonostante la tempesta della tragedia sportiva più clamorosa nella storia del calcio italiano da 60 anni a questa parte, figuriamoci se la vicenda delle dichiarazioni di Pochesci finirà per scalfire l'immagine che pazientemente Ranucci ha saputo costruirsi dentro il Palazzo del calcio. Conti a posto, VAR, la presidenza Fifa di Infantino e la vicepresidenza Uefa di Uva: ecco i risultati che Tavecchio esibisce ai suoi detrattori, come se potessero bilanciare il piatto su cui poggia fragoroso il Mondiale con Arabia Saudita e Panama ma senza l'Italia. Ranucci ha avuto invece il merito di aver contribuito a compattare il fronte delle società di Serie B, ormai riunite intorno al nome dell'ex commissario Mauro Balata (gradito a Tavecchio) che il 23 novembre nella prossima Assemblea di Lega vincerà la sfida a due con l'ex arbitro Paparesta (candidato più che altro a titolo personale) e diventerà Presidente di Lega. 

 

La partita vera di Pochesci, e della Ternana tutta (Ternana Unicusano, si capisce) a questo punto è fare in modo che non si parli più di lui come dell'allenatore della Ternana ultima in classifica che fustiga Ventura, ma come di colui che dopo 10 anni è stato capace di riportare una vittoria nella partita più attesa, "la" partita contro "quelli là". Dieci anni non saranno 60 ma per i ternani è come se lo fossero. Curiosità: non solo la Ternana scenderà in campo sabato con il pensiero al derby. Domenica 26 novembre si gioca anche Bari-Foggia. Rossoverdi e Satanelli potrebbero entrambe sentire le gambe molli in vista della partita successiva?

 

Forse, ma questa Serie B insegna che è necessario ragionare punto su punto. L'obiettivo, ad ora, è arrivare a dicembre facendone più possibile. Anche perchè, a sentire lo stesso Ranucci, non è così scontato come poteva sembrare che la Ternana, dal 24 ottobre ufficialmente al 100% dell'Unicusano, voglia pesantemente intervenire sul mercato per rinforzare la squadra. A meno che non ci sia da sostituire qualche giocatore deciso a cambiare aria. L'ultima parola spetterà al patron Bandecchi. Ma "la" partita si avvicina e presidente e allenatore devono giocarla fino in fondo.In campo, ma soprattutto fuori. In prima persona, senza mettersi nei panni degli altri.

Lorenzo Pulcioni

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