I presidenti non sono gli unici proprietari di una società

I club di calcio (ma crediamo possa valere anche per altri sport) sono un bene particolare. Sono di proprietà di un presidente, che paga e gestisce la società come ritiene più opportuno. Ma è come se le prendessero in prestito dai tifosi, dalla città.

Un grande presidente – Maurizio Stirpe – lo ha detto qualche tempo fa e difficilmente si possono trovare parole più centrate: “I veri proprietari di un club sono i tifosi. Noi siamo degli amministratori pro tempore. Solo se uno è coerente con questa filosofia riesce a creare un movimento che vive sulla valorizzazione del brand, lo sviluppo delle infrastrutture e dei Settori giovanili che sono le tre condizioni attraverso le quali si crea valore”. Obiettivamente andrebbero imparate a memoria, visto che attraverso questa filosofia a Frosinone sono riusciti a fare delle grandi cose, proprio sotto la sua presidenza.

Oggi a Terni ci troviamo in una situazione che purtroppo è stata già vissuta nella nostra piazza, in passato. E che avremmo evitato volentieri di rivivere. Dopo l’era d’oro di Agarini, la gestione turbolenta ma mai a rischio economicamente di Longarini, quella vulcanica di Bandecchi la Ternana negli ultimi 30 anni non era mai stata a rischio. Non aveva mai dovuto preoccuparsi di pagamenti o trattative di cessione potenzialmente “pericolose”.

In questi anni non sono mancate le frizioni fra proprietà e tifoseria (soprattutto le curve) ma almeno non c’erano state problematiche economiche. Che ora sono tornate a galla, da quando c’è stato il cambio fra Bandecchi e Guida.

Sia chiaro che la coerenza nei confronti della tifoseria non dipende dal portafogli, ma dalla cura e dall’amore con cui si tratta una delle cose più preziose che può avere un tifoso: la propria squadra. 

Ci vuole coerenza e dignità anche nei momenti difficili, nei confronti dei tifosi. A nostro avviso non basta dire – come è stato già detto – “se si pagano X milioni di euro, allora significa che i soldi ci sono e quindi il futuro è garantito”. E’ un criterio certo, non può essere l’unico. E’ come consegnare il proprio figlio o un oggetto prezioso nelle mani di un estraneo. Prima vuoi avere tutte le rassicurazioni del caso che le cose non possano andare storte. Poi magari ci vanno lo stesso, ma io mi sono impegnato affinché non possa succedere nulla. Non possa succedere che dopo 13 mesi ci si ritrovi in questa situazione, non possa succedere che si rischi di saltare una scadenza fiscale, non possa succedere che non ci siano certezze ragionevoli sul futuro. Può succedere che si retroceda, per carità. Fa parte dello sport. 

Purtroppo Terni, come tessuto imprenditoriale, non riesce a sostenere una squadra a livelli competitivi e si è da tempo ormai affidata a mecenati di fuori. E questo è certamente un limite, perché non è detto che sempre si avvicinino persone serie. Ma non per questo tutto deve essere accolto con il sorriso. Il calcio da sempre attira persone in cerca di visibilità, anche a scapito della sostenibilità, per questo la ricerca di acquirenti dovrebbe essere sempre accurata.

In quest’ultimo periodo non abbiamo percepito che la Ternana sia stata trattata come un figlio o come un oggetto prezioso. 

I presidenti hanno tutto il diritto di gestire la società come meglio credono e secondo il loro passo. Non possono comandare i tifosi, finché – come ha detto anche Platini – non ci mettano loro stessi i soldi. Ma mentre si gestisce una società di calcio si dovrebbe pensare alla tifoseria, alla città. Come dovrebbe fare un imprenditore illuminato: non trattare la propria azienda o i propri dipendenti come se fossero soltanto un numero. 

La Ternana non è “solo” una squadra di calcio. Sono due colori che hanno riempito la vita di tante persone. Che ci sono sempre state e che sempre ci saranno, chiunque sia il presidente.