Aveva 68 anni, da tempo lottava contro un male incurabile. Vincenzo D’Amico ci ha lasciato. Poco tempo fa gli avevamo chiesto, amorevolmente, di completare l’ennesimo dribbling. Lui, campione indiscusso, aveva nel dribbling la sua arma più affascinante. Un segno di eleganze e di fantasia, di qualità calcistica sublime. Quel dribbling non era appannato nemmeno quando venne a giocare nella Ternana, in C2, Era a fine carriera ma di quella squadra allenata da Mario Faccio, altro ex laziale che se n’è andato poco tempo fa, lui era il faro e l’anima. !986-88. Erano gli anni di Domenico Migliucci di promesse e pochi fatti, purtroppo. C’era anche un giovanissimo Paolo Di Canio a rendere ancora più spettacolare quella squadra che, nonostante tanta qualità, fallì l’obiettivo. Poi la Ternana fallì. Ma il ricordo di Vincenzino è rimasto sempre ben fissato nei cuori e nelle menti dei tifosi rossoverdi. Perché in quelle sue 56 partite giocate col rossoverde addosso aveva regalato calcio sublime facendo innamorare di questo sport più di qualche scettico. 20 gol in tutto. Una montagna di assist ma più ancora un esempio di quanto può diventare bello, elegante, affascinante e appassionante il calcio giocato da un campione vero che in carriera ha ottenuto meno di quanto avrebbe meritato. Ma in quello scudetto della Lazio nel 1974, lui ragazzino, ci ha messo più di una firma. Anzi, un autografo grande così. Buon viaggio Vincenzo e, mi raccomando, torna a xribblare come sai fare tu.
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