In tanti anni di attività giornalistica (45 per la precisione) pensavo, ingenuo, di averle viste tutte. Dai fallimenti, a calciopoli a scommessopoli, alle fideiussioni fasulle, ai giocatori arrestati in campo, ai presidenti in fuga in paesi dove non c’è estradizione. Ingenuo, dicevo, perché la sentenza del tribunale federale emessa martedì ha aggiunto una delle perle più luminose. In pratica ha indirettamente ammesso che è lecito non pagare stipendi e contributi, che soltanto in caso di una sanzione estremamente severa, le società possono retribuire correttamente i propri tesserati. Una decisione sconvolgente che fa diventare un giochino di società quello delle false plusvalenze che va tanto di moda con ragazzini valutati milioni e titolari goleador con il valore del cartellino azzerato.
Di fatto in questo calcio malandato è permesso tutto, persino rispettare le regole. Ma chi lo fa, a proprio rischio e pericolo, ci guadagna soltanto lo sberleffo di chi tira avanti aggirando ogni ostacolo truffando il resto della compagnia.
La Ternana merita di essere ripescata in serie B perché ha rispettato le regole. Perché quando le ha infrante, in altri tempi, ha pagato com’era giusto.
Così, sconcertato da questi ultimi fatti, ho provato a calarmi nei panni di Stefano Bandecchi che nel calcio c’è entrato da poco tempo, rispettando le regole, investendo soldi veri, sbagliando qualche scelta, lottando per cercare di ovviare ai propri errori, pagando di tasca propria. Qual’è stato il primo pensiero scontato? “Ma chi me l’ha fatto fare, chi me lo fà fare a continuare in questo calcio che non ha regole se non quelle imposte sul rettangolo verde”? Ho pensato che la mia frustrazione fosse la sua amplificata all’infinito. Ho pensato anche che in momenti come questi avrebbe bisogno di sostegno, di sentirsi supportato dalla tifoseria rossoverde. Perché oggi è lecito pensare sia arrivato ad un bivio: continuare lottando con tutte le proprie forze o lasciar perdere.
Noi ternani, in gran parte figli della fabbrica, siamo abituati a lottare a non darci per vinti. Lui (Bandecchi) che conosco pochissimo pare un tipo che non è disposto a subire senza lottare, senza reagire. Per questo ho pensato che anche poche righe che esprimono solidarietà, sostegno e fiducia, in un momento tanto difficile, potessero avere un senso, una lieve spinta a spingerlo nella direzione che reputo essere la più giusta. Lottare per migliorare questo calcio che si strappa le vesti per non avere la nazionale ai mondiali dimenticando che anche quella débacle è figlia del malgoverno, del mancato rispetto delle regole basilari della convivenza, della perpetrata mancanza di controlli, di un caos che nemmeno la stella luminosa di Cristiano Ronaldo può oscurare.
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