Tredici anni e mezzo. La proprietà più longeva della storia della Ternana. Tra frizioni e incomprensioni con la tifoseria, ma anche con la precisione nel rispettare scadenze e pagamenti. Mai un punto di penalizzazione. Unica eccezione, quando la società era momentaneamente gestita da Angelo Deodati. Cala il sipario sull'era Longarini. Sette campionati di serie B, altrettanti di Lega Pro. Due retrocessioni, ma anche un ripescaggio, il ritorno in serie B e cinque presenze di fila in cadetteria nelle ultime cinque stagioni. Ben 22 allenatori, 14 direttori sportivi e 8 tra presidenti e amministratori unici. Un feeling mai sbocciato con la tifoseria e tante stagioni con le presenze allo stadio ai minimi storici. Iscrizioni sempre garantite, stipendi sempre pagati. Ma anche tanti calciatori persi a parametro zero, o a poco. Tanto per fare qualche esempio illustre: Kharja, Jimenez, Candreva, Ceravolo e Vitale; fino a Falletti e Avenatti. Diffidenza dai ternani sin dal primo momento. Nel dicembre 2004 Edoardo Longarini, dopo la gestione Agarini e l'interregno di Tommaso Fioretti, mette le mani sulla Ternana nominando presidente il figlio Emanuele. I tuttofare della sede rossoverde, i fratelli Andrea e Simone Montemari, non piacciono alla piazza. Tra ripicche e persino querele, sono principalmente loro due a trovarsi in un muro contro muro con la città durato fino al loro allontanamento avvenuto nel 2010 ad opera di Angelo Deodati (con la conseguenza di una vertenza avviata dai due nei confronti della società). Un rapporto difficile, non aiutato dai risultati e da qualche episodio curioso che innalza le Fere alle cronache nazionali. Nel 2006 si scende in Lega Pro. Segue un anno tra allenatori in fuga ed altri in visita di amicizia e affacciati alle finestre degli alberghi del ritiro. Basti ricordare Giuseppe Giusto che, chiamato a sostituire Giancarlo Favarin, si dimette subito dopo il primo allenamento, dopo essersi trovato Francesco Giorgini (ufficialmente lì come amico) al campo. Poi la vicenda dei calciatori fuori rosa, la polemica tra Dajo Oshadogan e mister Maurizio Raggi con il calciatore che un giorno si presenta al campo con le mazze dopo che il tecnico lo aveva ironicamente accostato ad un golfista. Gli anni in Lega Pro sono duri e i rapporti tra proprietà e città non migliorano. Edoardo Longarini non viene mai a Terni, al figlio Emanuele ha tolto la presidenza dopo un anno e mezzo caratterizzato anche da una contestazione avvenuta al cinema Fiamma alla presentazione della stagione 2005-2006. Nel 2010 arriva Angelo Deodati, interessato alla società. In realtà, subentrerà solo per pochi mesi in una sorta di affitto di gestione. Ma lui non è puntuale come Longarini in pagamenti e contributi. E così arrivano i punti di penalizzazione. Si retrocede. Decisiva la partita con il Foligno, in un Liberati semideserto. Ma in estate arriva i ripescaggio. Longarini ha ripreso in mano la gestione e, dopo aver nominato presidente Francesco Zadotti, cala il jolly: mister Domenico Toscano ed un gruppo vincente. Si torna in B. Torna l'entusiasmo. Ma andando avanti, le vecchie ruggini riaffiorano. Gestione troppo distante dalla squadra, che in cinque campionati coglie altrettante salvezze in extremis, l'ultima delle quali grazie al miracolo compiuto da mister Fabio Liverani e dal diesse Danilo Pagni. Entra in scena l'altro figlio di Longarini, Simone: diventa amministratore unico dopo le dimissioni di Zadotti coinvolto in vicende giudiziarie e un interregno di un consiglio di amministrazione presieduto da Matteo Masoni. Prime apparizioni senza farsi né inquadrare e né fotografare, poi comincia a mostrarsi e ad essere presente pure in campo. Fino a quando qualcosa si incrina: a dicembre 2015 torna a Terni e ne ha per tutti, prima di sparire per mesi. Ultime apparizioni, all'ultima presentazione della squadra e in incontri con alcuni gruppi di tifosi. Fino all'addio, ufficializzato il 25 maggio.

Sezione: Rassegna stampa / Data: Gio 22 giugno 2017 alle 14:00
Autore: Stefano Bentivogli / Twitter: @sbentivogli10
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