Ci ha provato la società a tenere unito il gruppo, a continuare nel progetto che con De Canio era iniziato lo scorso febbraio. Ci aveva provato anche il nuovo direttore sportivo Leone a mantenere in vita il progetto che era iniziato nel finale della scorsa, maledetta, stagione. Un progetto iniziato con un allenatore importante, che aveva sposato il progetto rossoverde insieme al presidente Ranucci.
E proprio Leone e Ranucci si sono presentati ora davanti alla stampa per comunicare questa decisione, che è pur sempre una decisione traumatica e dolorosa. Ma i risultati sono stati impietosi. E hanno spinto la società a fare questo passo.
Ma evidentemente non ci sono solo i risultati, ma anche il mood intorno a questa avventura rossoverde non è mai stato quello giusto. Bandecchi, dopo la sconfitta contro il Ravenna, si era ancora una volta preso le sue responsabilità. Aveva detto che era sua la colpa di questa situazione perché non aveva dato il giusto supporto (vedi la nomina di Leone successiva) all’allenatore. E sebbene le considerazioni in società avrebbero potuto consigliare, per via dei risultati, di cambiare l’allenatore, Bandecchi ha voluto continuare per stima e rispetto nei confronti di De Canio, l’uomo a cui era stato messo in mano il progetto di rinascita.
E’ evidente che la vittoria contro il Teramo ha concesso soltanto una riflessione più profonda in casa rossoverde a tutti i livelli, coinvolgendo anche Leone. Ma la prima considerazione, la più pragmatica di tutte, è quella che ha poi portato a questo strappo.
Per invertire il trend di fiducia nei confronti della società e soprattutto nei confronti della piazze De Canio avrebbe dovuto davvero invertire in maniera brusca i risultati. E questo non è successo.
Quello che è mancato più di tutti a De Canio è stato il feeling con l’ambiente. E’ rimasto comunque segnato dalla retrocessione. E sebbene lui non ne abbia risentito (è abituato a vivere anche situazioni complicate) la piazza sì. E proprio il feeling con la piazza, se si vuole vincere il campionato deve essere totale. Azzerare tutto e ripartire da capo è l’ultima speranza della Ternana che vuole comunque la serie B, anche a dispetto del ritardo accumulato. E la sensazione che la società abbia riflettuto sulla necessità di non ripetere l’errore dello scorso anno è molto concreta. E si lega alla prima considerazione: non vivere alla giornata.
De Canio ha molti “alibi”. Sarebbe ingeneroso non riconoscere all’ormai ex allenatore rossoverde che di difficoltà ce ne sono state. Un inizio ritardato, infortuni tutti concentrati a centrocampo, Vives mai a disposizione, la mancanza di una vera alternativa in mezzo come facitore di gioco, la necessità di scendere in campo ogni tre giorni e quindi senza poter provare delle alternative valide per assenze e per migliorare il gioco, alcuni errori arbitrali anche gravi. Insomma la lista è piena. Ma quello che è mancato di più alla squadra probabilmente è stata l’identità: De Canio è stato costretto a fare molti esperimenti. Ha cercato di mettere insieme Vantaggiato e Marilungo (utilizzando il trequartista che non c’era in rosa), ha dovuto sopperire alla mancanza di Vives provando molti giocatori anche fuori ruolo, ha vissuto anche momenti in cui la squadra sembrava essersi smarrita.
De Canio non è stato un fallimento completo, come molti vorrebbero dipingere. Rispetto alle aspettative però sì. Bisognerebbe avere a disposizione tutti gli elementi per contestualizzare il De Canio a tinte rossoverdi. Ci sono stati (e ci sono) dei momenti complicati. Ha voluto dare un’impronta forte alla squadra e anche all’organizzazione della società. Non ci è riuscito.
L’obiettivo è tornare in serie B. Senza lasciare nulla di intentato. Ecco perché l’esonero: anche a causa di un amore mai veramente sbocciato.
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