Ha parlato di serietà e rispetto Ferruccio Mariani nella sua prima conferenza stampa da nuovo allenatore della Ternana. Ha detto anche di aver letto qualcosa di inesatto ma ha preferito sorvolare. Ha parlato anche di gestione della cosa calcistica come fosse una vera e propria famiglia. D'altronde il patron Badecchi aveva detto che si aspetta da lui che sia prima di tutto "un padre di famiglia". E si sa che in famiglia contano prima di tutto le regole. Insomma un allenatore vecchio stampo che non ha mancato di ricordare le sue esperienze a Pisa e al Cska Sofia forse per rispondere (indirettamente e senza ferocia verbale) a chi aveva sottolineato la sua poca esperienza e la scelta azzardata di affidare a lui questo gruppo dopo i risultati non soddisfacenti, sul piano della classifica, del suo predecessore.

Molto carico e sicuro di sè, Mariani ha puntato subito a dare l'immagine del classico "usato sicuro" che ben si calza agli allenatori di esperienza. Ma più che altro ha voluto segnare una evidente inversione di tendenza rispetto al vulcanico Pochesci. Nessun accenno ai rapporti precedenti, la vecchia diatriba con Ranucci ai tempi di Fondi liquidata con poche battute di circostanza, il rapporto con Bandecchi molto ridimensionato rispetto quanto fatto circolare in città nei mesi precedenti ("l'avrò visto 7-8 volte al massimo"). Nessun riferimento diretto a Pochesci tranne che per quel "servono risultati, non le chiacchiere" che a voler essere maliziosi, ma molto maliziosi, ha il vago sapore della frecciatina tra due allenatori che pur non amandosi sono stati costretti, loro malgrado e per volontà dell'Unicusano, a incrociare i loro destini spesso e volentieri negli ultimi due anni. D'altronde, in ogni buona famiglia che si rispetti ci sono antipatie, rivalità e parenti serpenti.

Le prime parole di Mariani alla squadra sono state da una parte di rassicurazione, "difenderò sempre il vostro lavoro" ha detto ai giocatori, e dall'altro di sprono perchè dal terzultimo posto ci si risolleva solo con sudore, fatica, abnegazione, sacrificio e ovviamente collaborazione. Le parole giuste, del resto difficile esprimere concetti diversi nella posizione attuale in cui si trova la Ternana. Poi, sul campo, un richiamo a Signorini che sotto pressing ha giocato la palla anzichè rinviarla e un po' di bastone e carota a Tremolada, "giocatore fenomenale ma deve correre a servizio della squadra". D'altra parte il suo credo calcistico lo ha enunciato in conferenza stampa, poco prima di partire per il ritiro di Milano Marittina che fosse stato per lui ne avrebbe fatto a meno ma alla fine ha convenuto col ds Evangelisti che fosse giusto andare (della serie aziendalista sì, ma non rinunciando a dire il suo pensiero). "Cosa è mancato alla Ternana nel girone andata? Troppi gol presi negli ultimi minuti, bisogna migliorare la concentrazione e rischiare il meno possibile. Si difende a partire da attacco e centrocampo, così come i gol che segnano gli attaccanti vengono da azioni che cominciano sempre dalla difesa".

Chiaro, semplice, quasi lapalissiano. In una parola "normale". Forse è proprio questo il compito chiesto a Ferruccio Mariani, quello di "normalizzare" una situazione che era diventata esplosiva. La società, che ha sempre sbandierato obiettivi ben al di sopra delle richieste della piazza e forse anche delle possibilità e capacità attuali (di spesa e non solo), ha giocato la carta dell'esonero di Pochesci individuando in lui il capro espiatorio. Accollandosi un rischio ovviamente. Se Mariani riuscisse subito a portare i risultati non si potrebbe far altro che prendere atto della bontà della scelta di Bandecchi e Ranucci. Ma se "il normalizzatore" Mariani non dovesse riuscire subito - o quasi subito - nel suo compito, c'è già chi è pronto a scommettere sul ritorno di Pochesci e la prosecuzione dello schema-staffetta già visto a Fondi. Scenario peggiore perchè vorrebbe dire che la Ternana non si è risollevata. Dei rapporti di famiglia (e di spogliatoio), francamente, interessa poco e quel poco solo in quanto elemento per analizzare ciò che succede, non certo come spunto per fare gossip. Perchè ciò che conta davvero, l'unica cosa che conta davvero, è che la squadra risalga la classifica e centri la salvezza. Proclami, lotte intestine, colpevoli, scarpe fatte o complotti, non interessano a una piazza mai come adesso divisa, anche a causa della ineluttabile necessità di molti di sedersi a un capo o l'altro della tavola di famiglia, per prendere questa o quella parte.

Sezione: Editoriale / Data: Ven 02 febbraio 2018 alle 00:01
Autore: Lorenzo Pulcioni
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