Ci ha messo la faccia. Senza se e senza ma. Rispondendo ad ogni domanda dei giornalisti come prima aveva fatto a quelle dei tifosi che lo avevano atteso fuori dai cancelli del Liberati.

Stefano Bandecchi al primo, vero confronto, non si è nascosto, non ha cercato alibi perché ha detto più volte “ho sbagliato”. Ammissione chiara, resa ancor più forte quando a chi obiettava che le responsabilità del naufragio rossoverde (fin qui) sembravano essere tutte di Sandro Pochesci, ha replicato “No, sono io che dirigo la barca. Mie sono le responsabilità”.

Bandecchi quindi merita almeno rispetto perché prima di oggi in tante altre occasioni la Ternana si è trovata in una situazione simile di classifica senza che un solo dirigente si fosse fatto avanti ammettendo le proprie responsabilità. Lui lo ha fatto. Non è poco in un mondo dove il gioco più frequentato è lo scaricabarile.

La Ternana è in fondo alla classifica e questo è un dato di fatto. Un elemento che boccia il progetto tecnico targato Unicusano. Superficiale, poco consapevole delle difficoltà cui andava incontro. Bandecchi ha ammesso pure questo senza tirare pesantemente in ballo chi evidentemente gli aveva proposto una situazione ben diversa da quella che si è prospettata.

Le sue spalle, rese volutamente quanto più grandi possibili, hanno sostenuto il peso totale dell’avventura rossoverde. Il suo orgoglio lo ha portato a rilanciare ancora una volta. Ha parlato di speranza per quel che riguarda la salvezza, meditando ancora un paio di colpi di mercato aperti anche a stranieri già presenti in Italia. Ha aggiustato un tiro che era parso un po’ fuori dal mondo in estate, sistemato i toni (alti e bassi), ridato una veste più comprensibile alla sua idea di calcio che si basa sulle risorse italiane e sui giovani ma che non si chiude al resto del mondo.

La sensazione venuta fuori dopo quasi due ore di botta e risposta è che la lezione, se così si vuol definire la classifica attuale della Ternana, sia servita.

Ma le verità sul passato, compresi i conti sull’acquisto e sulla gestione della Ternana, non garantiscono il futuro. Un tema sul quale Bandecchi si è anche speso con fermezza. A cominciare dal ritorno alla sola denominazione “Ternana” riportando Unicusano al suo alveo più congeniale, quello pubblicitario. Un tema che ha riproposto il Bandecchi aggressivo, desideroso di primeggiare. “Io combino il guaio? Io rimedio” la sua risposta ad una ipotesi di retrocessione. “Ma poi torno a puntare alla serie A perché di partecipare a me non interessa. Io voglio vincere”. Questo il momento in cui ha cercato di dare certezze per il futuro sottolineando come il suo progetto iniziale fosse di due anni “e ne manca ancora uno e mezzo”.

Eppure in un progetto legato al marketing sarebbe anche comprensibile un rapido dietrofront dopo una stagione fallimentare. Credibile nelle sue affermazioni? Fino a prova contraria è così stante anche la verve con cui si è speso, fino ai limiti dell’arrabbiatura quando è stata tirata in ballo la sua attività principale: l’Università.

Insomma, la sensazione di un Bandecchi senza veli, vero e credibile c’è stata tutta. Anche quando ha chiesto ad una frangia di tifosi un po’ troppo aggressivi, di rientrare nei ranghi, di dare una mano alla squadra. Anche quando ha ammesso che lascerebbe ad altri nel caso in cui la città dimostrasse di non volerlo.

Ma è proprio il caso di mandare altrove un soggetto, un imprenditore così? E’ la domanda che è giusto porsi in attesa di qualche risultato positivo, valutando gli errori commessi ma anche quello che di buono è stato fatto da Unicusano: l’unico soggetto disposto a rilevare la Ternana dalle mani di Longarini, caricandosene le inadempienze. Quelle economiche ma anche quelle di rapporti inesistenti con una comunità (tifosi, istituzioni etc.) che oggi possono confrontarsi, discutere fino a battagliare con un interlocutore vero. Situazione inimmaginabile fino a pochi mesi fa.

Sezione: Editoriale / Data: Mar 13 febbraio 2018 alle 16:55
Autore: Massimo Laureti
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